venerdì 26 novembre 2010

Il "PESSIMISMO", solo negativo?

Il " PESSIMISMO" che tanta filosofia e letteratura ha ispirato, è solo negativo?
In filosofia il pessimismo è costituito dal tentativo di dare un senso a un'esperienza negativa e dolorosa del mondo.
Nell'età classica, solo il filosofo greco Egesia di Cirene ( Alessandria 300a.c.), mostra tratti pessimisti. Discepolo di Aristippo, teorico dell'edonismo positivo, trasformò la teoria del maestro in [i]Edonismo negativo: per Egesia il fine ultimo della vita umana è il piacere (come per Aristippo) ma questo viene concepito come stato negativo, ossia come assenza di dolore e di affanno..
Ma poiché ciò è molto difficile a conseguirsi nella vita, gli appare desiderabile la morte come insensibilità e tranquillità assoluta, cioè come assenza di ogni dolore.
La posizione di Egesia è piuttosto isolata nel mondo antico, ma un tipo di esperienza di pessimismo metafisico è facilmente riscontrabile nella religione, esempio chiaro è il cristianesimo, decisamente pessimista nella sua esperienza di vita terrena, ottimista nella speranza di una vita eterna e migliore nell'ipotesi dell'aldilà.
Assoluto è il pessimismo teorizzato, nella prima metà dell''800 da filosofi come Schopenauer (1788-1860), secondo il quale l'impossibilità di colmare con la volontà ciò che si desidera e che non si può avere, genera eterna insoddisfazione e dolore universale; ll dolore è così intrinseco alla volontà e cioè alla vita universale: da qui il pessimismo che, necessariamente, discende da questa concezione basata su una valutazione non positiva della natura.
In letteratura ritroviamo poi il pessimismo cosmico del Leopardi, per il quale le ragioni della tragedia del suo tempo risiedono nel conflitto fra natura e ragione o civiltà: si tratta del conflitto, tra l'altro, già esaminato da Rousseau.
Proseguendo troviamo altre rappresentazioni del pessimismo nella poesia di Pascoli, nei dipinti di Goya e perfino di Picasso le cui opere, da "Guernica" a "Minotauri" e "Tauromachie" sono espressioni chiare della deformazione interiore dell'uomo moderno.
In definitiva si può affermare che le opere degli autori che alla critica sono apparsi "pessimisti" sono da considerare universali, indipendentemente dall'epoca storica in cui essi sono vissuti: le esperienze da essi vissute infatti possono essere trasferite in ogni tempo e in ogni luogo ed il loro pensiero interpreta un senso di inquietudine e di ricerca dell'assoluto, che è caratteristico di ogni epoca e che è presente in ogni essere umano.
Chiudo con una citazione da Pavese, di cui mi piace evidenziare un tratto...

Il pessimismo cosmico è una dottrina di consolazione. Molto peggio sta chi credendo all'ambivalenza dell'ordine esistente, riconosce se stesso per inadatto, quindi per condannato a soffrire.( Cesare Pavese)

Nessun commento:

Posta un commento